domenica 15 maggio 2016

Premessa

La nostra comunità è chiamata, il prossimo 4 luglio, ad eleggere il Rettore dell’Ateneo per il sessennio 2016-2022. La consultazione elettorale offre un’occasione unica di cambiamento e di profonda rivisitazione degli obiettivi e delle strategie fin qui seguite, delle scelte operate, delle modalità di governo adottate, del clima organizzativo instaurato; ci sono sempre due scelte nella vita: accettare le condizioni in cui viviamo o assumersi la responsabilità di cambiarle (D. Waitley).
Questo programma è scritto, in massima parte, in prima persona: tuttavia, esso è frutto di un lavoro collegiale durato diversi mesi, dal momento stesso in cui ho reso nota la mia disponibilità a candidarmi come Rettore: quello della collegialità non è una promessa per il futuro ma un sistema, lungo e spesso faticoso, che ho scelto come imprescindibile metodo di lavoro.
Il mio progetto di rinnovamento è finalizzato a costruire una Università basata su nuove modalità di condivisione delle decisioni, sulla trasparenza, sulla lealtà, sulla partecipazione attiva e sul merito, sull’incoraggiamento e la valorizzazione delle iniziative e delle competenze professionali di ciascuno in modo da creare le premesse per riuscire a svolgere al meglio la grande funzione sociale affidataci. Tutto ciò avendo al centro di ogni azione il miglioramento della qualità dei nostri Laureati da perseguire mediante un sistema di servizi agli Studenti impostato in modo da renderli sempre più partecipi alla vita dell’Università e di offrire loro un’esperienza complessiva di socializzazione e di formazione civile oltre che culturale.
Nella mia visione, il miglioramento è inteso sul piano reale (della didattica, della ricerca e delle attività di terza missione) e su quello della nostra reputazione, compromessa dalle classifiche degli Atenei pubblicate annualmente dagli organi di stampa e dalla recente infausta -e fortunatamente naufragata- progettata commistione con l’Università Telematica Pegaso, per storia scientifica e didattica ed assetto organizzativo neanche lontanamente paragonabile al nostro Ateneo. In questo ambito mi impegno fin da ora ad evitare accuratamente eventuali, future disavventure in analoghe direzioni.

Gli autori dell’improvvida iniziativa hanno dimostrato infatti di non conoscere la storia del nostro Ateneo che si appresta, durante il prossimo mandato Rettorale, a celebrare i suoi 100 anni di vita.
Dovrà essere questa l’occasione per evidenziare i più significativi contributi che l’Istituto Universitario Navale ha dato al progresso delle scienze naturali, delle tecnologie, delle scienze sociali nelle ricerche e nelle formazione aventi come riferimento la risorsa Mare.
Le celebrazioni del centenario del nostro Ateneo saranno svolte dedicando specifiche giornate di studio a tutti i Maestri che vi hanno insegnato, che con le loro opere e insegnamenti hanno creato l’humus culturale per la nascita di tre nuove Facoltà e successiva trasformazione dell’Istituto Universitario Navale in Università Parthenope.
Consapevole che solo attraverso un’analisi critica del proprio passato possono essere poste in essere solide basi per il futuro, queste iniziative, in uno con il ripristino delle inaugurazioni degli anni accademici saranno l’occasione per creare e rafforzare l’orgoglio di appartenenza, patrimonio intangibile dei nostri Docenti, dei Laureati, del Personale amministrativo e tecnico.

Il nostro Ateneo, come tutti gli Atenei italiani,  si trova da tempo ad assolvere impegni di particolare complessità, dovuti al susseguirsi serrato di norme e regolamenti introdotti dal legislatore in tutti i campi della nostra vita lavorativa quotidiana: dai criteri di ripartizione del Fondo di Finanziamento Ordinario alle limitazioni all’utilizzo del turn over, all’introduzione dei sistemi di qualità e all’accreditamento, alla modifica dell’assetto della docenza universitaria con l’introduzione della figura dei ricercatori di tipo b), al blocco degli scatti stipendiali.
Di questa situazione soffrono in particolare gli Atenei del Sud, che vedono la contrazione più accentuata delle immatricolazioni, del personale Docente, del personale tecnico-amministrativo.
In questo quadro comune di oggettiva difficoltà, il nostro Ateneo sconta, in più, la già richiamata reputazione negativa progressivamente amplificata dai media con la pubblicazione delle classifiche delle Università, che lo vedono sempre relegato all’ultimo posto. Questo danno di immagine che subiamo annualmente non è stato finora adeguatamente contrastato negli ultimi anni(SUGGERIMENTO: negli ultimi anni adeguatamente contrastato); le iniziative intraprese ai fini del miglioramento non appaiono sistematiche ed inserite in un quadro strategico avente obiettivi chiari e definiti; soprattutto, esse risultano scarsamente coerenti con gli indicatori comunemente utilizzati. In ogni caso non è stata messa in atto alcuna iniziativa strutturata atta ad identificare i motivi e i possibili correttivi a tale situazione.
Per questo motivo ho deciso di organizzare l’esposizione del mio programma dividendolo in due parti: nella prima seguo gli indicatori di una delle classifiche pubblicate per il 2015, quella del Sole 24 Ore; ciò non perché la ritenga più attendibile di altre bensì per la risonanza che la sua pubblicazione produce su ampi strati dell’opinione pubblica. Discutendo i singoli indicatori emergono molti dei temi classici che il programma di un candidato Rettore non può esimersi dal considerare e sui quali intervenire prioritariamente (studenti, didattica, ricerca, internazionalizzazione ed altri).
Ho utilizzato dunque gli indicatori come fil rouge da seguire per estrarre da essi le nostre criticità più evidenti. Una sorta di “indice strategico” che serve per delineare un percorso di qualità di più ampia portata. Infatti, nessuno riesce a spiegare come mai un Ateneo di così scarso valore abbia attirato, in passato, una massa così grande di studenti. Questa circostanza avrebbe dovuto dare almeno un piccolo stimolo all’autostima, dote indispensabile per poter procedere ad una progettazione di un qualche senso compiuta.
Nella seconda parte ho trattato aspetti quali la riorganizzazione della struttura organizzativa di vertice, il Personale amministrativo e tecnico, le necessarie modifiche di Statuto, il Sistema informativo di Ateneo ed altri: tutti questi sono temi sottesi agli indicatori ed implicitamente ne determinano in buona misura il livello.
Ho adottato questa impostazione in quanto l’obiettivo prioritario del rettorato che svolgerò se sarò eletto, condiviso con i molti colleghi con i quali ho avuto modo di confrontarmi negli incontri dei mesi recenti, è quello di migliorare le performance del nostro Ateneo dal punto di vista sostanziale facendo in modo che ciò si rifletta sugli aspetti formali e di immagine ed in ultimo sulle classifiche basate su indicatori.
Nessuno prima d’ora ha mai declinato chiaramente e pubblicamente quale sia la via da seguire per ottenere tale miglioramento e sono convinto che non molti Docenti né molti del Personale amministrativo e tecnico conoscano questi indicatori e siano pienamente consapevoli dei motivi, reali o fittizi, che ci relegano sempre all’ultimo posto in classifica.
Il mio programma di rinnovamento e sviluppo prende dunque l’avvio con la discussione delle seguenti parole chiave, gli indicatori del Sole 24 Ore: attrattività; sostenibilità; stage; mobilità internazionale; borse di studio; dispersione; efficacia; soddisfazione; occupazione (indicatori della qualità della didattica, secondo la testata giornalistica); ricerca; fondi esterni; alta formazione (indicatori della qualità della ricerca).
Spero con ciò di riuscire a fornire un quadro esaustivo della mia visione dell’Ateneo, degli obiettivi che mi prefiggo, delle strategie che intendo utilizzare per conseguirli.

Parte prima - Gli indicatori come fil rouge per l’esposizione del programma


Una piccola, indispensabile premessa: in questo paragrafo userò il pronome “noi” per testimoniare la collegialità che ha portato alla stesura di queste note. (RIPETIZIONE- GIA’ DETTO IN PREMESSA! Non saprei…)
In un programma elettorale per il prossimo sessennio rettorale, non manca né può mancare il pilastro imprescindibile della “risalita della china”, una terra promessa la cui raggiungibilità ha l’aspetto di una fata morgana che pare a portata di mano ma che rimane indefinita ed evanescente. Purtroppo il nostro Ateneo era al fondo delle classifiche sei anni fa e lo è ancora oggi. Naturalmente, per questo non vi sono responsabilità cui potersi rifare ed è ritenuto politicamente scorretto persino il chiederne conto. Ma tant’è!
Intanto ci piacerebbe approfondire un po’ la base concettuale su cui sono fondati i famosi “indicatori”. Si tratta, in massima parte, di rapporti statistici che vengono combinati insieme per dar luogo ad un “indicatore di sintesi” che determina, alla fine, il ranking degli Atenei esposto alla pubblica valutazione. Il modo in cui gli indicatori elementari (scelti sulla base del buon senso dai vari media) vengono combinati per dar luogo all’indicatore di sintesi non ha alcuna seria base scientifica ed ha purtroppo ricadute di non secondaria importanza. Provate a fare un esercizio sul “sistema” del Sole 24 ore: immaginate di essere un genitore benestante, ed azzerate, in quel sistema, l’importanza da dare al numero di borse di studio concesse agli studenti. Vedrete il nostro Ateneo balzare in su di una decina di posizioni. Ciò vuol dire che il numero di borse di studio non è importante? Certamente no! Il fatto è che per il nostro Ateneo non sono state imputate borse di studio e ciò non perché non ne concediamo ma per un difetto del Sistema Informativo che non è connesso con quello dell’Azienda per il Diritto allo Studio.
Non contesto assolutamente il buon senso legato ai singoli indicatori ma voglio sottolineare che essi vanno trattati con estrema cautela per l’effetto cumulativo delle procedure di aggregazione. Noi pensiamo che ci sono due modi per “risalire la china”: il primo è quello di dedicarsi ad operazioni di maquillage cercando di migliorare, qui e là, i rapporti a noi meno favorevoli; il secondo modo è quello di utilizzare gli indicatori come “traccia” da seguire per estrarre da essi le nostre criticità più evidenti.
Nel trascorso sessennio, a mio parere, l’azione di governance si è caratterizzata per l’affanno col quale si è dovuto inseguire un insieme di normative che in quest’ultimo periodo hanno prodotto i loro effetti e che hanno impedito una visione unitaria e logica delle criticità di cui gli indicatori costituiscono una immanente testimonianza. Essi rappresentano una realtà prismatica che non è riconducibile ad un approccio disaggregato. Una serie inquietante di errori ha impedito di metabolizzare il reale significato di ogni indicatore e, soprattutto, di comprendere gli effetti della loro aggregazione. Così, a parte l’annettersi il merito di alcune, più o meno presunte, “realizzazioni”, abbiamo vissuto un sessennio di sostanziale “paludismo” e tutti sanno che lo star fermi in una realtà che avanza significa arretrare. Né vale dare la colpa a questo o a quello.
Noi abbiamo scelto(SUGGERIMENTO: Abbiamo quindi scelto) di dare agli indicatori il rilievo che meritano: quello, cioè, di fungere da filo di Arianna all’interno di un labirinto non agevole da districare.

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