La nostra comunità è chiamata, il prossimo 4 luglio,
ad eleggere il Rettore dell’Ateneo per il sessennio 2016-2022. La consultazione
elettorale offre un’occasione unica di cambiamento e di profonda rivisitazione
degli obiettivi e delle strategie fin qui seguite, delle scelte operate, delle
modalità di governo adottate, del clima organizzativo instaurato; ci sono
sempre due scelte nella vita: accettare le condizioni in cui viviamo o
assumersi la responsabilità di cambiarle (D. Waitley).
Questo programma è scritto, in massima parte, in prima
persona: tuttavia, esso è frutto di un lavoro collegiale durato diversi mesi, dal
momento stesso in cui ho reso nota la mia disponibilità a candidarmi come Rettore:
quello della collegialità non è una promessa per il futuro ma un sistema, lungo
e spesso faticoso, che ho scelto come imprescindibile metodo di lavoro.
Il mio progetto di rinnovamento è finalizzato a
costruire una Università basata su nuove modalità di condivisione delle
decisioni, sulla trasparenza, sulla lealtà, sulla partecipazione attiva e sul
merito, sull’incoraggiamento e la valorizzazione delle iniziative e delle
competenze professionali di ciascuno in modo da creare le premesse per riuscire
a svolgere al meglio la grande funzione sociale affidataci. Tutto ciò avendo al
centro di ogni azione il miglioramento della qualità dei nostri Laureati da
perseguire mediante un sistema di servizi agli Studenti impostato in modo da
renderli sempre più partecipi alla vita dell’Università e di offrire loro un’esperienza
complessiva di socializzazione e di formazione civile oltre che culturale.
Nella mia visione, il miglioramento è inteso sul
piano reale (della didattica, della ricerca e delle attività di terza missione)
e su quello della nostra reputazione, compromessa dalle classifiche degli
Atenei pubblicate annualmente dagli organi di stampa e dalla recente infausta
-e fortunatamente naufragata- progettata commistione con l’Università
Telematica Pegaso, per storia scientifica e didattica ed assetto organizzativo
neanche lontanamente paragonabile al nostro Ateneo. In questo ambito mi impegno
fin da ora ad evitare accuratamente eventuali, future disavventure in analoghe
direzioni.
Gli autori dell’improvvida iniziativa hanno
dimostrato infatti di non conoscere la storia del nostro Ateneo che si
appresta, durante il prossimo mandato Rettorale, a celebrare i suoi 100 anni di
vita.
Dovrà essere questa l’occasione per evidenziare i più
significativi contributi che l’Istituto Universitario Navale ha dato al
progresso delle scienze naturali, delle tecnologie, delle scienze sociali nelle
ricerche e nelle formazione aventi come riferimento la risorsa Mare.
Le celebrazioni del centenario del nostro Ateneo saranno
svolte dedicando specifiche giornate di studio a tutti i Maestri che vi hanno
insegnato, che con le loro opere e insegnamenti hanno creato l’humus culturale per la nascita di tre
nuove Facoltà e successiva trasformazione dell’Istituto Universitario Navale in Università
Parthenope.
Consapevole che solo attraverso un’analisi critica
del proprio passato possono essere poste in essere solide basi per il futuro,
queste iniziative, in uno con il ripristino delle inaugurazioni degli anni
accademici saranno l’occasione per creare e rafforzare l’orgoglio di
appartenenza, patrimonio intangibile dei nostri Docenti, dei Laureati, del Personale
amministrativo e tecnico.
Il nostro Ateneo, come tutti gli Atenei italiani, si trova da tempo ad assolvere impegni di
particolare complessità, dovuti al susseguirsi serrato di norme e regolamenti introdotti
dal legislatore in tutti i campi della nostra vita lavorativa quotidiana: dai
criteri di ripartizione del Fondo di Finanziamento Ordinario alle limitazioni
all’utilizzo del turn over, all’introduzione dei sistemi di qualità e
all’accreditamento, alla modifica dell’assetto della docenza universitaria con
l’introduzione della figura dei ricercatori di tipo b), al blocco degli scatti
stipendiali.
Di questa situazione soffrono in particolare gli
Atenei del Sud, che vedono la contrazione più accentuata delle
immatricolazioni, del personale Docente, del personale tecnico-amministrativo.
In questo quadro comune di oggettiva difficoltà, il
nostro Ateneo sconta, in più, la già richiamata reputazione negativa progressivamente
amplificata dai media con la pubblicazione delle classifiche delle Università,
che lo vedono sempre relegato all’ultimo posto. Questo danno di immagine che
subiamo annualmente non è stato finora
adeguatamente contrastato negli ultimi anni(SUGGERIMENTO: negli ultimi anni adeguatamente contrastato);
le iniziative intraprese ai fini del miglioramento non appaiono sistematiche ed
inserite in un quadro strategico avente obiettivi chiari e definiti; soprattutto,
esse risultano scarsamente coerenti con gli indicatori comunemente utilizzati.
In ogni caso non è stata messa in atto alcuna iniziativa strutturata atta ad
identificare i motivi e i possibili correttivi a tale situazione.
Per questo motivo ho deciso di organizzare l’esposizione
del mio programma dividendolo in due parti: nella prima seguo gli indicatori di
una delle classifiche pubblicate per il 2015, quella del Sole 24 Ore; ciò non
perché la ritenga più attendibile di altre bensì per la risonanza che la sua pubblicazione
produce su ampi strati dell’opinione pubblica. Discutendo i singoli indicatori
emergono molti dei temi classici che il programma di un candidato Rettore non
può esimersi dal considerare e sui quali intervenire prioritariamente
(studenti, didattica, ricerca, internazionalizzazione ed altri).
Ho utilizzato dunque gli indicatori come fil rouge da seguire per estrarre da
essi le nostre criticità più evidenti. Una sorta di “indice strategico” che
serve per delineare un percorso di qualità di più ampia portata. Infatti,
nessuno riesce a spiegare come mai un Ateneo di così scarso valore abbia
attirato, in passato, una massa così grande di studenti. Questa circostanza
avrebbe dovuto dare almeno un piccolo stimolo all’autostima, dote
indispensabile per poter procedere ad una progettazione di un qualche senso
compiuta.
Nella seconda parte ho trattato aspetti quali la
riorganizzazione della struttura organizzativa di vertice, il Personale
amministrativo e tecnico, le necessarie modifiche di Statuto, il Sistema
informativo di Ateneo ed altri: tutti questi sono temi sottesi agli indicatori
ed implicitamente ne determinano in buona misura il livello.
Ho adottato questa impostazione in quanto l’obiettivo
prioritario del rettorato che svolgerò se sarò eletto, condiviso con i molti
colleghi con i quali ho avuto modo di confrontarmi negli incontri dei mesi
recenti, è quello di migliorare le performance
del nostro Ateneo dal punto di vista sostanziale facendo in modo che ciò si
rifletta sugli aspetti formali e di immagine ed in ultimo sulle classifiche
basate su indicatori.
Nessuno prima d’ora ha mai declinato chiaramente e
pubblicamente quale sia la via da seguire per ottenere tale miglioramento e
sono convinto che non molti Docenti né molti del Personale amministrativo e
tecnico conoscano questi indicatori e siano pienamente consapevoli dei motivi,
reali o fittizi, che ci relegano sempre all’ultimo posto in classifica.
Il mio programma di rinnovamento e sviluppo prende
dunque l’avvio con la discussione delle seguenti parole chiave, gli indicatori
del Sole 24 Ore: attrattività; sostenibilità; stage; mobilità internazionale; borse
di studio; dispersione; efficacia; soddisfazione; occupazione (indicatori della
qualità della didattica, secondo la testata giornalistica); ricerca; fondi
esterni; alta formazione (indicatori della qualità della ricerca).
Spero con
ciò di riuscire a fornire un quadro esaustivo della mia visione dell’Ateneo,
degli obiettivi che mi prefiggo, delle strategie che intendo utilizzare per
conseguirli.
Parte prima - Gli indicatori come fil
rouge per l’esposizione del programma
Una
piccola, indispensabile premessa: in questo paragrafo userò il pronome “noi”
per testimoniare la collegialità che ha portato alla stesura di queste note.
(RIPETIZIONE- GIA’ DETTO IN
PREMESSA! Non saprei…)
In un programma elettorale per il prossimo sessennio
rettorale, non manca né può mancare il pilastro imprescindibile della “risalita
della china”, una terra promessa la cui raggiungibilità ha l’aspetto di una
fata morgana che pare a portata di mano ma che rimane indefinita ed
evanescente. Purtroppo il nostro Ateneo era al fondo delle classifiche sei anni
fa e lo è ancora oggi. Naturalmente, per questo non vi sono responsabilità cui
potersi rifare ed è ritenuto politicamente scorretto persino il chiederne
conto. Ma tant’è!
Intanto ci piacerebbe approfondire un po’ la base
concettuale su cui sono fondati i famosi “indicatori”. Si tratta, in massima
parte, di rapporti statistici che vengono combinati insieme per dar luogo ad un
“indicatore di sintesi” che determina, alla fine, il ranking degli Atenei
esposto alla pubblica valutazione. Il modo in cui gli indicatori elementari
(scelti sulla base del buon senso dai vari media) vengono combinati per dar
luogo all’indicatore di sintesi non ha alcuna seria base scientifica ed ha purtroppo
ricadute di non secondaria importanza. Provate a fare un esercizio sul
“sistema” del Sole 24 ore: immaginate di essere un genitore benestante, ed
azzerate, in quel sistema, l’importanza da dare al numero di borse di studio
concesse agli studenti. Vedrete il nostro Ateneo balzare in su di una decina di
posizioni. Ciò vuol dire che il numero di borse di studio non è importante?
Certamente no! Il fatto è che per il nostro Ateneo non sono state imputate
borse di studio e ciò non perché non ne concediamo ma per un difetto del
Sistema Informativo che non è connesso con quello dell’Azienda per il Diritto
allo Studio.
Non contesto assolutamente il buon senso legato ai
singoli indicatori ma voglio sottolineare che essi vanno trattati con estrema
cautela per l’effetto cumulativo delle procedure di aggregazione. Noi pensiamo
che ci sono due modi per “risalire la china”: il primo è quello di dedicarsi ad
operazioni di maquillage cercando di migliorare, qui e là, i rapporti a noi
meno favorevoli; il secondo modo è quello di utilizzare gli indicatori come
“traccia” da seguire per estrarre da essi le nostre criticità più evidenti.
Nel trascorso sessennio, a mio parere, l’azione di governance si è caratterizzata per
l’affanno col quale si è dovuto inseguire un insieme di normative che in
quest’ultimo periodo hanno prodotto i loro effetti e che hanno impedito una
visione unitaria e logica delle criticità di cui gli indicatori costituiscono una
immanente testimonianza. Essi rappresentano una realtà prismatica che non è
riconducibile ad un approccio disaggregato. Una serie inquietante di errori ha
impedito di metabolizzare il reale significato di ogni indicatore e,
soprattutto, di comprendere gli effetti della loro aggregazione. Così, a parte
l’annettersi il merito di alcune, più o meno presunte, “realizzazioni”, abbiamo
vissuto un sessennio di sostanziale “paludismo” e tutti sanno che lo star fermi
in una realtà che avanza significa arretrare. Né vale dare la colpa a questo o
a quello.
Noi abbiamo scelto(SUGGERIMENTO: Abbiamo
quindi scelto) di
dare agli indicatori il rilievo che meritano: quello, cioè, di fungere da filo
di Arianna all’interno di un labirinto non agevole da districare.
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